RISVOLTI PROBLEMATICI DI CHI VIVE ALL’ESTERO E NECESSITA DI AIUTO PSICOLOGICO
Chiara Biagini - Psicologa e Psicoterapeuta online o a Roma
Partire è un po’ morire rispetto a ciò che si ama
poiché lasciamo un po’ di noi stessi in ogni luogo ad ogni istante.
E’ un dolore sottile e definitivo come l’ultimo verso di un poema…
Partire è un po’ morire rispetto a ciò che si ama.
Si parte come per gioco prima del viaggio estremo e
in ogni addio seminiamo un po’ della nostra anima.
(Edmond Haracourt)
‘Partire è un po’ come morire’ recita questa poesia di Haracourt e in fondo a mio avviso, senza fare la melodrammatica, è un po’ così. Quando si decide di emigrare è un po’ come se lasciassimo la nostra vita passata, la chiudessimo, in favore di una vita nuova, tutta da scoprire. La partenza diventa uno spartiacque per cui da questo momento in poi ogni avvenimento verrà collocato in un prima ed in un dopo rispetto a questo evento. È un po’ come se tornassimo vergini, una sorta di tabula rasa per cui, ciò che è stato fatto prima della partenza si è concluso, ci ha lasciato un segno, un insegnamento, ed ora siamo pronti di nuovo a metterci in discussione, ad imparare cose nuove e ad affrontare nuove sfide e nuove avventure. È un po’ come se tornassimo bambini, dobbiamo imparare a vivere una vita nuova.
Chi ha già fatto questa esperienza, come me anni fa, mi capirà, perché è così che ci si sente quando si lascia la propria terra, la propria famiglia, i propri amici.
All’inizio si ha la sensazione di essere un pesce fuor d’acqua, si ha la necessità di imparare e affrontare tante cose sconosciute: una cultura diversa, un clima differente (al quale magari non ci si abitua mai!!!) , una mentalità diversa da quella mediterranea a cui si è abituati, un approccio al lavoro molto più preciso, settorializzato, regolamentato, un cibo differente da quello italiano fatto di sapori più speziati a volte completamente sconosciuti, un’architettura delle città completamente diversa dalla nostra.
Ma allora, cosa succede nella mente di chi emigra? Da una parte come già detto, si ritorna bambini, si torna ‘a scuola’ per imparare una lingua nuova, si affronta tutto come se fosse la prima volta ed in effetti lo è, è la prima volta in un paese che non è il nostro! Certo, siamo già andati mille volte alla posta in Italia per spedire qualcosa o ritirare un pacco, ma quando ci arriva il primo pacco da casa magari pieno di pasta e altri prodotti tipici della nostra terra, per la prima volta ci dobbiamo confrontare con il personale della posta del nuovo paese in cui siamo e scopriamo come funzionano le poste nella terra che ci sta ospitando.
L’essere umano, per fortuna, a causa della sua necessità di evoluzione, ha una gran capacità di adattamento, più di quanto uno immagini. Nonostante ciò, però, è anche un essere abitudinario che se potesse resterebbe sempre nella sua zona di confort ed è per questo che anche all’estero in genere si cercano sempre connazionali con cui fare le più svariate attività e condividere le più diverse esperienze. Questo avviene perché tra connazionali ci si capisce meglio, non solo per un fatto linguistico, ma soprattutto per un discorso culturale e sociale. Ad esempio, se dite ad un americano che a 25 anni ancora vivete a casa con mamma e papà, lo statunitense in questione rabbrividirà perché nella loro cultura i ragazzi escono di casa a 18 anni per il college e a partire da quell’età si sdoganano completamente dalla famiglia; viceversa, in Italia se a 25 anni hai un lavoro e vivi da solo sei un marziano!
Ecco perché quando un italiano si trova all’estero ed ha necessità di un sostegno psicologico dovrebbe rivolgersi ad uno psicoterapeuta italiano che vive in Italia, non ad uno che parla italiano, né ad uno del posto con il quale si possa comunicare nella lingua del paese in cui si è emigrati.
Il conoscere perfettamente una lingua nuova ovvero quella del paese ospitante che ormai abbiamo assimilato perché magari sono tanti anni che siamo all’estero infatti, non ci mette nella condizione di affrontare un percorso psicoterapico come se ci esprimessimo nella nostra madrelingua. La psicoterapia lavora con le sfumature linguistiche, pertanto nonostante si conosca benissimo un’altra lingua, non ne si avrà mai la padronanza assoluta come quella che si ha con la propria lingua madre. Non solo, gli aspetti culturali e sociali di dove uno è nato e cresciuto, come già accennato, sono profondamente diversi da nazione a nazione e condizionano moltissimo la nostra personalità, ciò che ci sembra ‘normale’, i nostri valori ed i nostri giudizi. In questo caso potremmo dire che ci si capisce solo fra simili!
Da tutto questo nasce la mia volontà di mettermi a disposizione degli italiani che vivono all’estero eh hanno necessità di un percorso psicoterapeutico o solo di qualche colloquio clinico che possa orientarli o semplicemente aiutarli a sentirsi meno soli in un paese straniero.
E chi più di me, che questa esperienza all’estero già l’ho fatta, può esservi d’aiuto!
Allora, abbattiamo le distanze, e colleghiamoci su Skype o su un’altra piattaforma qualunque per sentirci un po’ a casa e per confrontarci con chi ci può aiutare e capire davvero, tanto ormai, dopo la pandemia da Covid -purtroppo o per fortuna- la terapia on line è collaudata ed abbiamo constatato che produce gli stessi risultati di quella dal vivo!
Mi puoi trovare su Skype con il nick: chiara.bb.